Mosto cotto. Direttamente dal "ribollir dei tini".
- Riccardo Fortuna
- Dec 9, 2016
- 3 min read

Questo é proprio una di quelle caratteristiche fasi dell'anno per il cambio di stagione, di temperature, inizio delle scuole, fine delle ferie, ma soprattutto, la vendemmia.
Solo a scrivere la parola vendemmia, mi sembra di vedere il grappolo di uva sul calendario di frate indovino e sono giorni che penso di scrivere un post che cominci con: "ma per le vie del borgo, dal ribollir dei tini, va l'aspro odor dei vini l'anime a rallegrar".
Forse perché sono un romantico, ma aver fatto la vendemmia quest'anno mi ha riportato all'infanzia reminiscenze scolastiche e bucoliche che forse non ho realmente mai vissuto, ma che fanno parte dell'essere italiano e del tornare alle radici.
Quando si fa il vino, proprio come i vecchi contadini si comincia a pensare a come evitare gli sprechi e quindi passi in rassegna le alternative subito dopo la pigiatura. Cosí ho pensato di utilizzare le vinacce per insaporire il formaggio, ma non ho spazi adatti, oppure distillare con queste una grappa fatta in casa, ma mi arresterebbero subito. Fortunatamente non ci ho messo troppo a trovare una alternativa soddisfacente e che non si trova facilmente su internet: il mosto cotto.
Niente di piú semplice. Un solo ingrediente. Molto chic, grazie alla sua difficile reperibilitá in cittá o in alcune regioni, eppure cosí elementare da non richiedere neanche una vera e propria ricetta, ma un procedimento.

Il difficile sta nell'abbinarlo a piú cibi, ma sono sicuro di poter fornire delle alternative interessanti.
Forse ho scritto troppo per ripartire da una serie di semplici domande che immagino potrebbero attanagliare i miei tre lettori, quindi le affronteró qui di seguito:
"Ma che é er mosto cotto?!"
"Ma a che me serve er mosto cotto?!"
"Si, mo me ce manca pure er mosto cotto!"
Se nella testa avete i primi due punti, ve lo spiego subito.
Se la vostra mente ha prodotto il terzo commento, forse questo post non fa per voi."

Il mosto cotto é una riduzione di mosto che si presenta come una marmellata dolciastra con un tocco amarognolo. Si utilizza in cucina grazie al sempre attuale principio del "non si butta via niente".
Ma partiamo dal principio.
Il mosto é il risultato della pigiatura degli acini che viene messo ad affrontare la fermentazione cosiddetta "tumultuosa" durante la qual dovrá ribollire trasformando gli zuccheri dell'uva in alcool. Le prime ora dopo la pigiatura il succo risulterá come una semplice spremuta; ci vorranno giorni prima che cominci a somigliare ad un vino vero e proprio.
E' quindi nella prima fase che il mosto va prelevato se volete cuocerlo.
La resa é circa il 25%, quindi su due litri di mosto otterrete quasi 500 ml di cotto.
La procedura é molto semplice:
Prendete il mosto cotto, lo filtrate se per caso ci sono anche delle bucce, come é successo a me, e lo mettete a bollire in una pentola per circa due ore. Fate attenzione che se sta ancora fermentando potrebbe sparare una mitragliata di vino per tutta la cucina che vi troverete a pulire fino a pasque. Almeno questo é quello che é successo a me.
Quando avrá raggiunto la consistenza di una marmellata lo spengete e lo lasciate raffreddare un po' ptima di riporlo in un barattolo per confetture.
Se lo avete cotto troppo, diventerá tipo caramello e risulterá bruciato come sapore, ma potete recuperarlo con un poó di acqua, riscaldandolo e amalgamando bene il tutto.
Quindi, non potete sbagliare.
Abbinamenti:
Ne ho provati diversi e sono sempre riusciti
Formaggi sia a pasta dura che molle (questo é l'abbinamento piú semplice e di sicuro effetto)
Risotti, con carne (Pesce no)
Cacciagione
Anatra
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